diritto, sicurezza, morale

raccolta di collegamenti e qualche appunto su questioni di diritto dell'informatica, sicurezza, morale...

giovedì 24 aprile 2008

Opinion Monitoring Software

Il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale sta finanziando lo sviluppo di un software per monitorare le opinioni contenute nei quotidiani in tutto il mondo.

http://www.schneier.com/blog/archives/2006/10/opinion_monitor.html

In Cina sono "terroristi" i tibetani.

http://vittoriozambardino.repubblica.it/zetavu/2008/04/dire-ti-uccider.html

Su Punto Informatico di ieri Gaia Bottà ci informava che ormai è ufficiale: per la UE "incitare al terrorismo" è terrorismo. Cioè, esporre idee viene equiparato all'agire. La norma avrà come suo precipuo campo di applicazione il web, con l'immaginabile conseguenza di siti e blog chiusi, bloccati ecc ecc.

Ma la libertà d'espressione non serve per i casi limite? Parola e azione sono davvero così sovrapponibili, nel diritto degli ultimi 200 anni? O "libertà" è solo facoltà di dire ciò che non ferisce il potere?

e a margine: cos'è "terrorismo"? In Cina sono "terroristi" i tibetani. E quale titolo avremo, noi "occidentali" di scandalizzarci per le loro repressioni? L'assolutismo occidentalista prevede il relativismo etico della censura

Le regole necessarie e quelle inutili

http://reporters.blogosfere.it/2006/11/le-regole-necessarie-e-quelle-inutili.html
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/200611articoli/14753girata.asp
http://www.bookcafe.net/blog/blog.cfm?id=535
http://www.beppegrillo.it/2007/04/il_proibizionis.html
http://vittoriozambardino.repubblica.it/zetavu/2006/11/e_noi_faremo_co.html
http://www.pazlab.net/formenti/2006/11/28/verso-un-bill-of-rights-della-rete/
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=2&ID_articolo=469&ID_sezione=3&sezione=Web%20Notes
http://www.webgol.it/2006/11/28/intende-la-dittatura-di-pechino-lo-sventurato-rispose-si/
http://www.pazlab.net/formenti/2006/11/25/prendiamo-liniziativa-o-le-regole-le-faranno-dallalto/

Pedofilia e Internet: vecchie ossessioni e nuove crociate

http://www.interlex.it/regole/convped.htm

Convegno promosso da Radio Radicale
Pedofilia e Internet: vecchie ossessioni e nuove crociate
Roma, 27 ottobre 1998
Hotel Bologna (Senato della Repubblica) Via Santa Chiara 5

Programma e interventi

Obiettivo del convegno è analizzare e denunciare le pericolose conseguenze sulle libertà personali, sul diritto alla privacy e sullo sviluppo delle nuove tecnologie telematiche delle iniziative legislative e giudiziarie condotte sotto la spinta della recente campagna aperta - con patenti falsificazioni della verità - nei confronti della pedofilia in generale e del binomio "Internet-pedofilia" in particolare.

Con il pretesto di perseguire in forme nuove e "definitive" gli antichi fenomeni degli abusi sessuali sui minorenni, della prostituzione e della pornografia minorile che avrebbero trovato nella rete Internet l'occasione e lo strumento congeniale e "connivente" per diffondersi nel mondo e in Italia, è in corso una campagna politica e giornalistica basata su premesse false, che ha già prodotto gravissime violazioni e restrizioni alle libertà personali e al diritto alla riservatezza e rischia di pregiudicare lo sviluppo dei nuovi mezzi di comunicazione basati sulla rete Internet.

Contro questa nuova crociata, che distorce i dati relativi allo sfruttamento e agli abusi sessuali nei confronti dei minori e demonizza Internet come strumento criminogeno di perversione del costume sessuale, non si è levata una sola voce autorevole nel vasto panorama politico italiano se non quella dei radicali, e di pochi altri, ovviamente ignorata dalla totalità della stampa. Al contrario, ampie "unità nazionali" si sono consolidate nelle odiose, proclamatorie e inutili norme legislative approvate in questi mesi, e cori di consensi si sono levati indistintamente da giornali e Tv di ogni orientamento in occasione di discutibili azioni giudiziarie o delle clamorose operazioni internazionali di polizia che avrebbero assicurato alla giustizia pericolose organizzazioni di "pedofili".

La disinformazione sulla realtà del drammatico problema degli abusi contro i minori, le ossessioni sessuofobiche che ancora caratterizzano la parte vincente della cultura politica italiana e l'irriducibile avversione a ogni mezzo di comunicazione che - come Internet - appaia indisponibile a forme di controllo corporativo o istituzionale sono le componenti costitutive di questa crociata politica e giornalistica contro il nuovo demone della "pedofilia telematica".

Per smascherare le stesse basi di questa crociata, basterebbe fare riferimento ai dati (1) relativi all'identità dei responsabili di violenze sessuali contro i minori: secondo le statistiche dei procedimenti penali relativi a questi reati, il 90% dei casi degli abusi sessuali avviene in famiglia; l'8% degli abusi è compiuto da persone esterne alla famiglia ma conosciute dal minore (e spesso si tratta di cosiddette figure "di riferimento"); solo il 2% dei casi chiama in causa persone sconosciute ai minori. La violenza sessuale contro i minori è una realtà che si sviluppa dentro - e non fuori o contro - gli istituti sociali più tradizionali (la famiglia, la scuola, la parrocchia, i luoghi di aggregazione).

La crociata politica, giornalistica e giudiziaria in corso, è dunque rivolta a colpire non più del 2% dei responsabili delle violenze contro i minori (lo sconosciuto che insidia i fanciulli davanti alle scuole.) mentre un silenzio imbarazzato, quando non complice, copre la vera identità degli autori della assoluta maggioranza degli abusi o supposti tali; un silenzio che dimostra inoltre la paura di toccare altri scabrosi tabù sessuali della nostra società, quali ad esempio quelli dell'incesto o quello della sessualità dei religiosi.

È comunque bene ricordare che, in alcune occasioni, anche presunti episodi di incesto su bambini o infanti - rivelatisi poi tragici errori giudiziari - non sono stati esentati dal linciaggio pubblico esattamente come oggi accade ai cosiddetti "pedofili telematici": basti pensare al caso del padre accusato di violenza sulla figlia risultata poi affetta da una grave malattia al retto.

Sono peraltro gli stessi dati ufficiali a dimostrare che, in Italia, il fenomeno degli abusi sessuali nei confronti dei minori (compresi quelli compiuti da "estranei") non è affatto in crescita e non giustifica quindi le campagne di allarmismo politico-giornalistico di questi ultimi mesi.

È inoltre assai arduo spiegare la relazione che dovrebbe intercorrere fra questi episodi di violenza consumati nei luoghi privilegiati della formazione e dell'educazione dei minori e la rete Internet.

Non meno misterioso è il ruolo che dovrebbe giocare Internet nei confronti della prostituzione minorile che nel nostro Paese coinvolge in massima misura minorenni immigrate dai Paesi dell'Est e dell'Africa e che è organizzata attraverso strumenti di sfruttamento del tutto tradizionali.

Ma il fronte su cui sono stati prodotti gli effetti più gravi contro le libertà e il buonsenso è quello della pornografia minorile. Con il voto unanime delle Camere è stata approvata una legge (2) che da una parte pretende di arrestare il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione e della pornografia minorile attraverso l'inasprimento delle pene e dall'altra colpisce le libertà delle persona e pregiudica lo sviluppo della rete Internet in Italia, imponendo nuovi e pervasivi controlli su questo mezzo di comunicazione. Colpire o "commissariare" Internet perché attraverso di esso vengono scambiate anche immagini pornografiche è tanto ragionevole quanto vietare i telefoni perché, loro tramite, sono anche concordati incontri mercenari, oppure - come ha rilevato uno dei pochi critici della legge, il Prof. Zeno-Zencovich (3) - "prendersela con i marciapiedi, chiedendo di limitarne l'uso, sol perché certe signore passeggiando su di essi vi esercitano il mestiere più antico del mondo".

Al legislatore - a cui non è sembrato sufficiente affermare che il reato di pornografia minorile può essere commesso con "ogni mezzo", ma ha ritenuto necessario specificare "anche per via telematica" - è sfuggita invece la considerazione che l'eventuale uso di Internet per questo tipo di attività espone, diversamente dagli altri canali di distribuzione clandestini, a una sicura individuazione, al pari delle intercettazioni telefoniche. Ma, secondo le nuove disposizioni, persino l'Internet Provider, cioè chi offre l'accesso alla rete e mette a disposizione i server dove vengono scambiati i messaggi e quindi anche eventuali materiali pornografici, rischia di essere colpito dalle sanzioni della legge nonostante il Tribunale Civile di Roma (4) abbia stabilito che chi gestisce tali servizi "non ha alcun potere di controllo e vigilanza sugli interventi che vi vengono inseriti".

La legge prevede il sequestro, la chiusura, la revoca delle licenze per coloro che distribuiranno anche per via telematica materiale pornografico minorile. È uno scenario che ben conosciamo: quando un nuovo mezzo di comunicazione mette in discussione i meccanismi di controllo sulla comunicazione di massa ritornano di attualità censura e autocensura. Non meno grave è tutta l'attività di investigazione che questa legge mette in movimento: dalla schedatura di coloro che accedono a siti o newsgroup pornografici della rete Internet, alla intercettazione della posta elettronica per accertare che non vi sia scambio di materiale "pedofilo", fino alla realizzazione simulata da parte del Ministero dell'interno di siti "pedofili" per incastrare i perversi. È insomma evidente che tabù e ossessioni sessuali diventano pretesto e strumento per limitare e imbavagliare uno dei più straordinari strumenti di comunicazione e di libertà che l'umanità abbia fino a oggi inventato.

Il legislatore, peraltro, non si è limitato a colpire chi sfrutta i minori per produrre materiale pornografico ma anche, con l'articolo 4, chi "dispone di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori di anni diciotto". Chiunque venga trovato in possesso di tale materiale viene punito con la reclusione fino a tre anni. Si tratta di una semplificazione proibizionistica che può produrre più danni che il reato che si vuole colpire. Aberranti saranno le conseguenze della criminalizzazione di chi semplicemente contempla o magari visualizza casualmente, navigando in Internet, materiale pornografico "proibito": si apriranno le porte ad abusi e ingiustizie e si creerà un nuovo mercato nero che ovviamente sarà occupato dalla criminalità.

E chi deciderà cosa è pornografico e cosa invece è manifestazione artistica o semplice esibizionismo? Sarà reato detenere quadri di Balthus o loro riproduzioni?. Magistrati e poliziotti saranno autorizzati a perquisire le abitazioni alla ricerca di fotografie "pedofile", cosicché i genitori si vedranno costretti a bruciare le fotografie dei propri bambini nudi?

Infine, la pedofilia senza virgolette. Contestare le forme di questa crociata antipedofila non significa riconoscere il "buon diritto" di qualcuno a intrattenere relazioni sessuali con bambini in tenera età; si tratta di difendere il "buon diritto" di ciascuno a non essere giudicato e condannato solo sulla base della riprovazione morale suscitata dalle proprie preferenze sessuali. Nessuno sembra rendersi conto dei rischi connessi a una normativa, che autorizza ogni sorta di sospetto, e consente ogni sorta di persecuzione giudiziaria o di criminalizzazione pubblica nei confronti di individui non già responsabili di atti concreti, ma "colpevoli" di sentimenti o desideri giudicati - a torto o a ragione - anomali, deviati, perversi e patologici.

D'altra parte, cosa intendiamo parlando di pedofilia e, soprattutto, di violenza sessuale contro minori? Certo, esistono casi in cui è evidente una coercizione fisica o psicologica dei minori ad attività sessuali, cui essi non possono consentire in modo consapevole. Ma siamo certi, come osserva Gianni Vattimo (5), che gli adolescenti a cui in molti Paesi del mondo attribuiamo la capacità di rispondere in giudizio delle proprie azioni non abbiano invece pari consapevolezza e responsabilità nell'ambito sessuale?

In ogni caso in uno Stato di diritto essere pedofili, proclamarsi tali o anche sostenerne la legittimità non può essere considerato reato; la pedofilia, come qualsiasi altra preferenza sessuale, diventa reato nel momento in cui danneggia altre persone.

È invece certo che criminalizzare i pedofili in quanto tali - come "categoria" - non sulla base dei loro comportamenti ma della loro "condizione", non è ulteriormente tollerabile, e alimenta forme di psicosi sociale, e accessi di intolleranza che non costituiscono un argine alla violenza contro i minori, ma uno stimolo a una caccia agli "untori" letteralmente devastante sul piano civile o politico.

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(1) PACSE - Project Against Child Exploitation - Sviluppato dalla fondazione Censis, con il contributo dei Ministeri degli Interni e di Grazia e Giustizia - Finanziato dalla Commissione Europea nell'ambito del programma STOP (http://www.pacse.censis.it.

(2) Legge 3 agosto 1998, n. 269 contenente "Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 185 del 10 agosto 1998 (http://www.parlamento.it/parlam/leggi/982691.htm.

(3) Vincenzo Zeno-Zencovich, "Ma ora non criminalizziamo la Rete", Il Messaggero, venerdì 4 settembre 1998 (È l'unico articolo dell'edizione del 4 settembre non riprodotto sul sito Internet del Messaggero - http://www.ilmessaggero.it).

(4) Ordinanza del Tribunale di Roma 4 luglio 1998 (www.interlex.com/testi/or980704.htm - www.aiip.it/news-group.html).

(5) Gianni Vattimo, "Caccia alle streghe on-line?", La Stampa, lunedì 7 settembre 1998.

Pedofilia e Internet: Vecchie ossessioni e nuove crociate
Convegno promosso da Radio Radicale
Roma, 27 ottobre 1998
Hotel Bologna (Senato della Repubblica) Via Santa Chiara 5

Programma provvisorio

Apertura lavori: ore 9,30 - Conclusioni: ore 17

RELAZIONI E INTERVENTI (IN ORDINE ALFABETICO):

Barbara Alberti (Scrittrice)
Marco Barbuti (Presidente Associazione Italiana Internet Providers)
Giorgio Maria Bressa (Psichiatra)
Ernesto Caccavale (Eurodeputato Forza Italia)
Manlio Cammarata (Direttore di InterLex)
Cinzia Caporale (Bioeticista)
Aldo Carotenuto (Docente della Psicologia della Personalità all'Università di Roma)
Elena Coccia (Avvocato)
Pasquale Costanzo (Docente di Diritto costituzionale all'Università di Genova)
Stefano Crispino (Presidente Ordine psicologi del Lazio)
Luigi De Marchi (Psichiatra)
Giuseppe De Rita (Presidente CNEL)
Ruggero Guarini (Giornalista e scrittore)
Sebastiano Maffettone (Docente di Filosofia politica all'Università di Palermo)
Claudio Manganelli (Componente dell'Autorità per la tutela dei dati personali)
Adelmo Manna (Docente di Diritto penale all'Università di Bari)
Armando Massarenti (Responsabile della pagina "scienza e filosofia" del supplemento culturale de "Il Sole 24 Ore")
Mauro Mellini (Avvocato)
Piero Milio (Senatore Lista Pannella)
Paolo Nuti (Direttore MC-Link)
Anna Oliverio Ferraris (Psicologa)
Angelo Maria Petroni (Docente di Filosofia della Scienza allíUniversità di Bologna)
Lorenzo Picotti (Docente di Diritto penale all'Università di Friburgo)
Antonio Pilati (membro Autorità Garante per le Telecomunicazioni)
Iuri Maria Prado (Avvocato)
Piero Rocchini (Psichiatra)
Stefano Rodotà (Presidente dell'Autorità per la tutela dei dati personali)
Rosario Sapienza (Ricercatore CENSIS)
Luigi Saraceni (Deputato DS)
Sergio Seminara (Docente di Diritto penale commerciale all'Università di Pavia)
Vittorio Sgarbi (Deputato Gruppo Misto)
Vincenzo Siniscalchi (Deputato DS)
Marco Taradash (Deputato di FI)
Vittorio Zambardino (Responsabile editoriale di "Repubblica Internet")

Per informazioni:

http://www.agora.stm.it/pedofilia-internet/
Roberto Cicciomessere: tel. 06-6991742, fax: 69920123 r.cicciomessere@agora.it
Daniele Capezzone: tel. 06-689791, d.capezzone@agora.it

"L'infamante articolo contro Vendola"

http://www.gaynews.it/view.php?ID=8910

Lettera di Daniele Capezzone a Vittorio Feltri

http://www.radicali.it/view.php?id=27371

27 maggio 2001

Alla cortese ed urgente attenzione

del Direttore di “Libero” Vittorio Feltri



Roma, 26 maggio 2001





Signor Direttore,

ancora una volta, sul Suo giornale, sono chiamato in causa a proposito della “questione pedofilia”. E devo confessarLe che, già qualche mese fa, vedere “Libero” unirsi al frettoloso “copia e incolla” che alcuni, anche in Italia, hanno ritenuto di fare delle accuse (da KGB, o, se si preferisce, da Gestapo) di pedofilia -oltre che di narcotraffico e terrorismo- con cui i comunisti russi, cinesi e cubani hanno ingloriosamente cercato di cacciare dall’ONU il Partito Radicale Transnazionale (il partito di Antonio Russo, il partito del Tribunale penale intenazionale per i crimini contro l’umanità, il partito dell’abolizione della pena di morte nel mondo), è cosa che mi è davvero dispiaciuta. Per i Suoi lettori, per Lei, e per il Suo giornale.

Mi pare utile, in ogni caso, provare a riassumere il mio pensiero sull’argomento.



Primo. In base ai dati ufficiali forniti dal Censis, su 100 violenze ai danni dei minori, 90 avvengono in famiglia, 8 sono praticate da parte delle cosiddette “figure di riferimento” (insegnanti, religiosi, educatori,…), e solo 2 sono opera di estranei, di persone sconosciute. Quindi, proprio chi ha a cuore la sorte dei più piccoli farebbe bene a rendersi conto che la violenza sessuale nei confronti dei minori si sviluppa all’interno (e non contro o fuori) gli istituti sociali tradizionali (la famiglia, la parrocchia, la scuola, e così via), mentre la crociata mediatica e giudiziaria in corso non si occupa che del 2% del problema. Restano invece del tutto intatti e intangibili tabù quali l'incesto o la sessualità dei religiosi, così come, più in generale, nessuno (nemmeno dopo i fatti di Novi Ligure: famiglia cattolicissima, madre cattolicissima, figlia cattolicissima) sembra desideroso di interrogarsi sullo stato della famiglia cattolica e "normale" italiana.



Secondo. La crociata in corso e la legge "antipedofilia" che ne è stata il frutto hanno portato per un verso alla criminalizzazione dei provider in particolare e dello strumento Internet in generale (della serie: proibiamo i marciapiedi perché ci camminano le prostitute....), e per altro verso ad una straordinaria crescita di valore del materiale pornografico a sfondo pedofilo (videocassette, cd rom, ecc.ecc.). E' il consueto schema meramente repressivo, che non fa che alimentare il mercato criminale che intenderebbe colpire.



Terzo. Premesso che i fatti di questi giorni non sono episodi di "pedofilia", ma di pura violenza e criminalità, e come tali devono essere considerati e perseguiti, voglio aggiungere che, in termini liberali, è del tutto inaccettabile la criminalizzazione di un orientamento sessuale in quanto tale, di un modo di "essere", di uno “stato”. Ogni orientamento sessuale, ogni preferenza, ogni scelta possono e debbono invece essere perseguiti se e quando si traducono in comportamenti violenti e dannosi per altre persone, minori o maggiori che siano. Non si tratta di difendere il “diritto” di qualcuno a intrattenere relazioni sessuali con bambini in tenera età; si tratta di affermare il diritto -senza virgolette- di tutti e di ciascuno a non essere condannati -e nemmeno giudicati- sulla base della riprovazione morale che altri possono provare nei confronti delle loro preferenze sessuali. Criminalizzare i “pedofili” in quanto tali, al contrario, non serve a “tutelare i minori”, ma solo a creare un clima incivile, né umano né -vorrei dire- cristiano.



RingraziandoLa per questa ospitalità, che mi consente per la prima volta di far conoscere ai Suoi lettori la mia opinione in merito, Le invio i miei migliori saluti.



Daniele Capezzone (dcapezzone@hotmail.com)



P.S. Visto che il Suo giornale si occupa spesso del Convegno che organizzammo sul tema nell’ottobre del 1998, Le lancio una proposta: perché, oltre a parlarne, non ne pubblichiamo gli atti, a cominciare, per fare un esempio, dall’intervento del professor Giuseppe De Rita? Sarebbe, credo, un’interessante scoperta per molti lettori.

Di nuovo grazie.

Una legge virtuale per un allarme virtuale

http://www.repubblica.it/online/internet/convint/convint/convint.html

"E' come se Agnelli venisse condannato perché la gente corre troppo in macchina...". "E' come se le Poste venissero ritenute penalmente responsabili dei pacchi bomba inviati dagli squatter ai magistrati torinesi...". "Come se...". Si ricorre ai paragoni perché mancano le parole per definire la "mostruosità giuridica" della legge numero 269 dell'agosto 1998, nota come legge anti pedofilia, che oltre a punire lo sfruttamento sessuale dei minori obbliga anche gli Internet provider, pena la chiusura e il sequestro dei server, a una impropria funzione di controllo e di censura dei contenuti da loro veicolati.

Di questa legge "d'emergenza", approvata all'unanimità mai mai discussa in Parlamento perché votata in sede legislativa dalle commissioni Giustizia di Camera e Senato, si è discusso a Roma nel convegno "Pedofilia e Internet: vecchie ossessioni e nuove crociate" organizzato dai Radicali. Molti gli interventi, e quasi tutti hanno sparato senza pietà sulla legge "da caccia alle streghe", illiberale, anti garantista, cavallo di Troia contro Internet, come l'hanno definita tra gli altri l'eurodeputato Ernesto Caccavale, il professore di Diritto Sergio Seminara, il direttore di Radio Radicale Massimo Bordin, il direttore di Agorà telematica Roberto Cicciomessere. La discussione ha riguardato vari aspetti della legge dalla responsabilità degli Internet provider alla punibilità di chi "detiene" materiale pedo-pornografico alla pedofilia in generale, come criminalità ma anche come diversità sessuale.

La questione che riguarda Internet è l'articolo tre della legge. Che da una parte stabilisce la pena per chi sfrutta i minori nella produzione di materiale pornografico, ma che recita anche: "Chiunque, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga o pubblicizza materiale pornografico o notizie e informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale dei minori, è punito con la reclusione da uno a cinque anni". La frase incriminata è dunque quell'"anche per via telematica", che inserisce i fornitori di accesso a Internet tra coloro che divulgano e distribuiscono gli "oggetti del reato" della pedofilia. Perché il legislatore ha voluto essere così preciso? Perché non si è fermato alla frase "con qualsiasi mezzo"?

Una risposta a questa domanda è venuta da Giuseppe De Rita, presidente del Cnel: "Una legge virtuale per un allarme virtuale, scritta per nascondere una realtà spaventosa: la pedofilia è nella famiglia, il 90 per cento degli abusi sui minori avviene in famiglia". Le marce in Belgio con i palloncini bianchi, poi i titoloni sui quotidiani, poi i mostri creati forzando le tragiche cronache di violenza. Il tutto ha prodotto stereotipi e ha creato l'allarme. Una grande "bolla" d'opinione, ha definito De Rita questo fenomeno. Una "bolla di virtualità virtuosa", utilizzata dal legislatore per creare un reato ad hoc e rispondere quindi a un allarme per l'appunto "virtuale".

Il dato elaborato dal Censis è stato ripetuto con insistenza in tutti gli intervenuti: il 90 per cento degli abusi sessuali sui minori avviene in famiglia e l'8 per cento avviene in ambienti contingui alla famiglia, alla scuola e agli altri luoghi di aggregazione dei bambini. E' dunque nel rimanente due per cento dei casi che si nasconderebbe il pedofilo che adesca il minore via Internet, quello per il quale il legislatore ha scritto la clausola "anche per via telematica" con la quale gli Internet provider rischiano l'incriminazione e anche la chiusura qualora sui loro server transitino contenuti o immagini contemplati come reati dalla legge in questione.

Soluzioni? Rivedere la legge. Chiedere al garante della privacy Stefano Rodotà di intervenire per la tutela della riservatezza, ormai quotidianamente violata dalle indagini telematiche a tappeto che vanno dalle intercettazioni delle e-mail alla creazione di siti "per adescare gli adescatori", una sorta di agenti provocatori web. E ancora, altra soluzione: separare la criminalità sessuale dalla diversità sessuale, come ha detto Luigi De Marchi. "Per smontare la caccia alle streghe e il binomio Internet-pedofilia, è necessario scoperchiare gli ambienti intoccabili, cioè la famiglia e le parrocchie di tutte le religioni, le due istituzioni della pedofilia e della violenza sui minori", ha detto l'anziano psichiatra.

Altre possibili soluzioni sono state proposte dagli Internet provider, in sostanza tutte riassumibili in un concetto: per rendere la Rete più sicura i fornitori di accesso si impegnano a registare con cura i propri abbonati, in modo da poter rintracciare l'autore di eventuali fatti illeciti. In particolare Paolo Nuti, direttore dell'Internet provider McLink, ha messo il dito sul più generale problema dell'anonimato. "E' importante che l'utente di Internet sappia di non godere di una sorta di totale impunità", ha detto Nuti. "Chi usa Internet deve essere obbligato dal suo provider a conoscere prima, e quindi a rispettare poi, le regole del gioco". Quindi: niente accessi anonimi alla Rete (e qui sotto accusa sarebbero alcuni fornitori di accesso che hanno distribuito in questi mesi abbonamenti anonimi gratuiti di prova e che spesso non li hanno fatti scadere), "in modo che sia chiaro, una volta per tutte, il principio più elementare del diritto: la responsabilità di un atto criminoso è sempre individuale".

La battaglia contro l'anonimato, "gioco affascinante ma pericoloso, che a volte induce a compiere reati o addirittura a impossessarsi dell'identità di un altro", spiega Nuti, "è l'unica forma di autoregolamentazione possibile per un Internet provider: per mantenere l'ordine, ma soprattutto per obbligare gli utenti a essere responsabili delle proprie parole e dei propri gesti in Rete". E, oltre tutto, conclude Nuti, anche l'anonimato assoluto, dietro cui si nascondono sia il pedofilo che va a caccia nella Rete sia gli altri criminali che utilizzano Internet, è un'illusione: "Ogni provider, su ordine della magistratura, è in grado di risalire in poco tempo alla vera identità di un criminale". E anche se il crimine avviene per posta elettronica anonima (Hotmail, Yahoo e i tanti servizi di e-mail gratuite), anche in quel caso non è vero che ci sia l'impunità totale e la libera scorribanda. Il tempo è più lungo, è necessario far partire una rogatoria internazionale, ma il pedofilo, il ladro, il calunniatore o il truffatore verranno comunque individuati.

(27 ottobre 1998)