raccolta di collegamenti e qualche appunto su questioni di diritto dell'informatica, sicurezza, morale...

giovedì 24 aprile 2008

CANADA – Decisioni della Corte suprema sul concetto di buon costume

http://www.unisi.it/dipec/palomar/024_2006.html#canada1

(gennaio 2006) La Corte suprema nelle decisioni R. c. Labaye ed R. c. Kouri ha innovato la giurisprudenza precedente sul concetto di buon costume ed ha enucleato nuovi criteri per l’individuazione di tale fattispecie. Le due sentenze hanno ad oggetto lo stesso tema. In entrambi i casi nei giudizi di primo grado gli imputati sono stati condannati ai sensi dell’articolo 210 del code criminel poiché gestivano case d’appuntamento al cui interno si praticava sesso libero e scambi di coppia. La Corte d’appello del Québec nella vicenda R. c. Labaye ha confermato la condanna dell’imputato, mentre ha prosciolto l’altro accusato poiché gli atti contestati non costituivano atti contrari al buon costume secondo il codice penale. La Corte suprema, con due opinioni dissenzienti, ha applicato un test fondato su criteri oggettivi ed innovativi rispetto al passato. I giudici della Corte hanno infatti chiarito che per definire una condotta contraria al buon costume è necessario rinvenire due elementi: 1) l’esistenza di un danno che rechi pregiudizio alle persone ed ai valori della società canadese riconosciuti nella Costituzione ed in particolare a) lesione dell’autonomia e della libertà di una persona; b) incitamento ad assumere una condotta antisociale; c) causa di un danno fisico o psichico alle persone che assistono o partecipano a tale condotta; 2) il danno deve essere di una tale intensità da risultare incompatibile con il buon funzionamento della società. La Corte suprema ha quindi ritenuto non presenti nel caso specifico nessuno di questi elementi. In particolare, i giudici hanno rilevato che il pubblico ministero non è riuscito a provare che tali comportamenti abbiano recato danno alle persone ed alla società. In secondo luogo, non può dirsi realizzata una condotta antisociale in quanto gli uomini e le donne partecipanti agli scambi di coppia ed agli atti compiuti all’interno del locale erano totalmente informati e consenzienti. Infine, per quanto concerne il danno fisico e psichico alle persone con particolare riguardo al contagio di malattie trasmissibili per via sessuale, la Corte ha ritenuto che non esista un nesso né causale né concettuale fra la condotta (sessuale) ed il concetto di buon costume. Pertanto, la Corte suprema applicando i criteri sopra menzionati, ha prosciolto gli imputati ritenendo che i comportamenti loro rimproverati non hanno leso i valori della società canadese. L’opinione dissenziente dei giudici Bastarache e Lebel è risultata particolarmente interessante perché si è posta in totale opposizione con l’applicazione dei nuovi criteri. I due giudici hanno, infatti, rivendicato l’applicazione del test originario che si basava su un’analisi contestuale di tutti gli elementi e considerava il danno un elemento importante ma non decisivo ai fini della determinazione del concetto di buon costume. Infine, hanno richiamato l’attenzione sulla necessità di salvaguardare i valori canadesi sentiti dalla maggioranza della società ed hanno contestato l’adozione del criterio del danno come metro di misura del grado di tolleranza della società nei confronti di tali atti. (Giuseppe Passaniti)